I.F.F.C.

..:: la pesca a mosca, la nostra passione ::..

il torrente
Avisio in Val di Fassa

 

11 luglio 2011

di Luciano Michelassi

 

Una settimana in montagna, sulle Dolomiti, può anche essere un buon motivo per unire l’utile (inteso come escursioni in montagna) al dilettevole (che per noi PAM sappiamo bene cosa intendo per dilettevole). Comunque senza sconvolgere più di tanto l’armonia che regna nell’ambito della famiglia, ho constatato che si può benissimo organizzare sia delle belle escursioni sui più che numerosi sentieri dolomitici che una tranquilla pescata nel bellissimo torrente Avisio che si snoda lungo tutta la val di Fassa. Dato che per ragioni diciamo così… logistiche ho dovuto soggiornare in un albergo situato nel bellissimo paese di Campitello di Fassa, avevo programmato di comune accordo con la consorte, che una giornata la dedicavo esclusivamente alla pesca. In effetti così è stato. Il giorno stabilito mi informo dall’albergatore, per sapere dove fare il permesso, in quanto il tratto del torrente in questione è gestito dall’associazione pescatori Val di Fassa. A Campitello vi è un negozio di parrucchiere gestito dal Sig. Pino in Piaz Veie che molto gentilmente mi indicava anche quale tratto poteva essere più redditizio e pescabile, dato che gli avevo detto che pescavo a mosca e che non trattenevo il pescato. Comunque devo dire che la scelta del tratto si è rivelata intuitiva. Decido quindi di scendere da Campitello verso Moena e dopo 2 o 3 chilometri mi fermo nei pressi di un ponte dove lasciata l’auto e indossati gli Waders (consiglio i termici in quanto l’acqua da queste parti è piuttosto fredda anche a Luglio) giubbotto e canna sono sceso sul torrente… a prima vista sembra quasi impossibile pescarci, data la forte corrente. Dopo alcuni lanci, per stendere la coda, tento di far arrivare l’artificiale nei punti dove l’acqua rallenta leggermente e nei quali con un po’ di abilità si riesce a far rimanere in pesca il nostro artificiale per qualche secondo. Tuttavia mi rendo conto che pescare a secca non è molto redditizio, poichè non noto la presenza di schiuse, decido di pescare sotto a ninfa, anche perché incontrando alcuni pescatori del luogo che pescano al tocco con il lombrico, vedo che catturano alcune povere trotelle, che rimettono in acqua in quanto sotto misura. Il tempo passa inesorabile e mi rendo conto che non avendo altre giornate a disposizione davanti a me, si prospetta inesorabile il fatidico cappotto, perciò in fretta e furia accorcio il finale e velocemente attacco una ninfa con testa in tungsteno, lancio a scendere e la vedo scomparire in una grossa buca dietro ad un sasso che forma una corrente  contraria. Dato il movimento repentino con cui si è inabissata, al momento ho pensato che qualcosa l’avesse trascinata sotto… e ferro leggermente, ma non è così, difatti morale della favola si incaglia sul fondo, e la perdo inesorabilmente. Mi fermo un attimo a riflettere… e mi viene l’idea di provare con uno streamer. Proseguo per qualche metro e mi imbatto in un tizio a cui era andata peggio che a me, lui aveva addirittura rotto il vettino di una bolognese, e cercava disperatamente un rotolo di nastro per riparare la canna, bè almeno quelle piccole trotelle avevano vinto una battaglia!!!! Ma torniamo alla pesca. Ora con lo streamer eseguo dei lanci a risalire sui raschi di corrente e lascio l’artificiale scendere per diversi metri, con ripetuti trattenimenti e rilasci, dato che stò pescando dietro ad un enorme masso , non riesco a controllare gli ultimi metri della coda che stò recuperando, così alzo la canna portando l’artificiale quasi in superfice… improvvisamente un violento strattone mi fa quasi perdere l’equilibrio, la canna si piega inesorabilmente verso la corrente impetuosa e vedo per un attimo la sagoma di una bella trota che lotta a favore del la corrente per liberarsi, poi va verso destra a cercare la profondità di una buca… io rimango per un attimo spiazzato da tanta forza… l’adrenalina sale, ma velocemente riprendo il controllo della situazione, gli lascio leggermente un po di coda, poi vedo che stà cedendo allora recupero lentamente la coda arrivando fino all’attaccatura del finale e dopo poco forzando la canna la trascino verso di me, poi con la mano bagnata la sollevo e l’appoggio un attimo sul prato per la foto di rito.

E’ una bella fario di 32 centimetri dai colori stupendi. Velocemente la privo dell’artificiale la riporto in acqua riossigenandola e lei mi lascia pinneggiando riportandosi in caccia nel bel mezzo della corrente. Le catture non sono molte, dopo di questa ne prendo un’altra usando il solito metodo, anche questa leggermente più grossa.

Poi la terza che supera i 34 e che mi fa sudare non poco prima di arrendersi. A questo punto mi fermo un attimo sul prato a riflettere, pensando che il più bel momento di questa pesca sia il rilascio e vedere come pinneggiando il pesce ritorni nel suo ambiente senza aver subito un gran danno, ma che nello stesso tempo inconsapevolmente ci abbia regalato un momento indimenticabile.