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l'avvicinamento

 

di Massimo Magliocco

 

L’integrazione assoluta che un vero pescatore dovrebbe avere con il torrente, è il vero asso nella manica che serve per avere successo. Improvvisazione, pressappochismo o peggio non conoscere il nostro avversario, è sinonimo di insuccesso sicuro.

Un pescatore parcheggia la sua auto nello spazio messo a disposizione dal laghetto sportivo in cui si accinge a pescare. Pagato il biglietto d’ingresso si sceglie il posto migliore e incomincia a preparare la sua attrezzatura in prossimità della riva. Li vicino un’altro pescatore con le portiere della sua auto aperte e con la radio a tutto volume parla ad alta voce con il suo amico mentre porta a riva una trota. Il gestore del laghetto passa con un piccolo carretto per vendere il caffè caldo patatine e altro ancora. Qualcun’altro dall’altra riva invoca ad squarcia gola il lancio di qualche secchiata di trote. Tutto questo è forse esagerato e per fortuna non tutti i laghetti sportivi gli somigliano, ma ve ne sono molti che ci vanno vicino e le trote che vi abitano, di conseguenza, non hanno certo problemi nei confronti dell’uomo. Il comportamento che i pescatori hanno ai laghetti dove non si bada certo a non fare rumore o a non farsi scorgere dalle trote e sicuramente giustificato e forse è giusto che sia così, ma più spesso di quanto si pensi per molti pescatori questo è lo stesso modo con cui intendono affrontare il corso d’acqua per eccellenza: Il Torrente. Penso di non dire un eresia nell’affermare che l’ambiente forma il carattere dell’animale che vi nasce e vi vive. Prendiamo gli uccelli cosiddetti cittadini. Si commetterebbe un grosso errore nel paragonarli a quelli che vivono in campagna poiché è facile avvicinarli senza che questi abbiano paura, cosa che con gli altri sarebbe difficilissimo. Quindi la selvatichezza e quindi la rusticità degli animali è in stretto rapporto con l’ambiente in cui vivono. La trota non sfugge a questa regola, anzi è forse uno degli animali più sensibili al suo ambiente. Ma non tutte le trote sono uguali nel carattere. Se ci facciamo una passeggiata lungo gli argini di una risorgiva ad esempio, noteremo subito che le trote di questa tipologia di corso d’acqua sopportano bene la nostra presenza, per tutta una serie di fattori che non stiamo qui ad elencare. Ma se la stessa passeggiata la facessimo sulle rive di un torrente, ammesso che sia possibile, le trote di questo corso fuggirebbero al minimo rumore o alla più piccola ombra che andrebbe ad invadere il loro habitat, questo a conferma che l’ambiente sta alla base del carattere degli animali. Quindi la trota di torrente è assolutamente un animale selvatico e sospettoso. Partendo da questi due dati di fondo per poter affrontare il torrente nel giusto modo, va fatta una analisi più approfondita del salmonide che vive in questi luoghi. Questa trota è destinata a dover vivere perennemente in un ambiente aspro e selvaggio in cui gli spazi a sua disposizione non le consentono certo una vita molto varia. In effetti la trota ha il suo raggio d’azione in prossimità della sua tana sia per motivi legati agli spazi ma più in particolare perché quest’ultima le da una certa garanzia in caso di fuga. Di contro se non è messa in allarme deve assolutamente uscire allo scoperto per poter sopravvivere il tutto in un ambiente molto ristretto e il torrente, a causa della tipologia dell’acqua che lo forma, non da certo alla trota molti margini. Infatti se analizziamo quello che l’acqua trasporta come cibo, ci convinceremo subito delle estreme condizioni in cui la trota è soggetta a vivere. Primo metterei la velocità che non è certo dalla parte del salmonide in quanto quest’ultima non ha molto tempo a disposizione per poter scorgere, avvicinarsi e poi valutare se mangiare o meno. Secondo metterei la difficoltà che la trota ha nel poter scorgere la sua preda a causa, oltre che della velocità dell’acqua, anche della sua increspatura superficiale, il tutto in un contesto in cui il salmonide deve, con un occhio vedere e valutare se mangiare l’eventuale cibo, e con l’altro controllare che tutto l’ambiente circostante sia quello acquatico che quello esterno, non presenti in quel momento delle pericolosità, il tutto esasperato in alcuni periodi dell’anno, ad esempio in inverno, in cui il fiume ha livelli alti e quindi forte velocità e poco cibo. Quindi la nostra povera trota non avendo proprio un attimo di tregua, è costretta a stare sul chi vive. Torrente quindi estremamente formativo per la trota che è si timida ma solo ed esclusivamente, se vogliamo dire così, in funzione di una forzatura ambientale. Allora da subito si deduce che il pescatore ‘verò sa come comportarsi ed in particolar modo come muoversi in torrente il tutto riassumibile in una parola: come avvicinarsi. La differenza tra un pescatore 'vero' e uno che si improvvisa sta in questi minimi particolari cioè non catturare fortuitamente. In altre parole il vero pescatore sa che il suo eventuale insuccesso in torrente, è dovuto in larghissima percentuale al suo comportamento che in quel caso è stato un pò maldestro non avendo curato l’avvicinamento, mentre il pescatore che in torrente attribuisce la causa del suo insuccesso alla mosca o qualcos’altro senza aver curato i minimi dettagli mimetici o utilizzando male il suo lancio, resterà sempre un catturatore casuale. Qualcuno si starà chiedendo cosa si intende per avvicinamento o meglio ancora, è possibile che tutto il successo deve essere attribuito a questo elemento ? Se si è d’accordo con quanto fin qui esposto, si deve di conseguenza essere d’accordo anche su questa affermazione. Cominciamo ad analizzare in dettaglio come in effetti ci si dovrebbe comportare. Partiamo dal principio che il torrente a causa della sua conformazione è un corso d’acqua molto particolare essendo ogni centimetro diverso. Il suo corso è intervallato da piane, raschi, buche, ostacoli naturali artificiali ecc. tutto comunque estremamente vario lungo tutto il suo percorso. Il ‘saper stare in acqua’ è fondamentale poiché non c’è prioritariamente nulla di scontato. Pensiamo per esempio ai vari tipi di correnti che si creano e di conseguenza le increspature conseguenti nonché il relativo comportamento della trota. Il torrente quindi ha le sue leggi fatte per lo più di poche ma ferree regole e sottovalutarle e quindi non rispettarle significa non pescare e come sempre, ma in torrente ancor di più, non basta saper lanciare bene o avere un’ottima mosca per avere successo, ma bisogna saper stare in acqua cioè integrarsi con essa. Una volta individuato il posto in cui dovremo lanciare la nostra mosca, si deve studiare a priori il giusto percorso per arrivarci a distanza di lancio, ed individuare gli eventuali ripari come massi o piante che ci possano permettere un percorso il più ‘copertò possibile. Altro elemento è la luce del sole che inevitabilmente genera delle relative ombre e se queste vanno a stagliarsi sul punto da noi individuato, quest’ultimo verrà irreparabilmente compromesso. L’aspetto legato al rumore relativo al movimento vero proprio che inevitabilmente viene generato come sciacquii o i sordi rumori provocati dalle pietre sia nel fiume che fuori, è anche esso fondamentale. Una trota è in grado di percepire anche il minimo rumore fuori dalla normalità del torrente anche da molti metri di distanza. In quei punti in cui la corrente genera dei rigiri e quindi porta alimento contro corrente, la trota starà a sua volta rivolta non verso monte ma verso valle e quindi ci può scorgere sicuramente molto prima di quanto noi pensiamo. Quindi prima di avviarsi verso la postazione scelta andranno valutate una serie di importanti circostanze. Questa prima fase può essere effettuata da tutti indistintamente. In altre parole, anche il neo pescatore a mosca ma che abbia una buona conoscenza dell’ambiente e della trota, può cavarsela egregiamente. Ma il problema più grosso nasce quando siamo arrivati al nostro limite di avvicinamento oltre il quale si entra nel cono visivo della trota, ora si dovrà lanciare e se in altri posti la trota concede il cosiddetto ‘bis’, in torrente questo non è permesso. Qui l’esperienza maturata in anni e anni di pesca generica alle trote purtroppo viene messa da parte poiché il neo pescatore a mosca deve necessariamente lanciare la coda di topo, e non solo il principiante ma anche colui che lancia da anni ma in possesso di una tecnica approssimativa, avrà dei problemi. è chiaro che se fin qui abbiamo considerato ogni minimo particolare nell’avvicinarci scegliendo il percorso migliore, nascondendoci nel miglior modo possibile, camminando in punta di piedi per non far rumore, abbiamo eliminato il primo grande nostro nemico e cioè farci vedere o sentire a distanza, ma a questo punto non possiamo fare a meno di impegnarci nel lanciare la nostra coda. Ricordo una situazione in cui per raggiungere una postazione che credevo essere ottimale per poter lanciare nel modo migliore verso quello che pensavo essere un posto buono, trovai involontariamente lungo il mio percorso un altra trota che stava dietro un masso in attesa di cibo. Stavo in Austria sul fiume Moll, un torrente molto bello e ricco di trote. Ad un certo punto mi trovai davanti ad un grosso masso che stava in acqua ma vicino alla riva. Il mio intuito mi diceva che dietro a quel masso doveva esserci una trota. Senza indugio cercai di verificare se il mio istinto mi dava ragione. In effetti senza farmi scorgere dietro il masso era appostata una bella fario sui trenta centimetri in attesa di cibo. Questo a dimostrazione che in un torrente ogni posto non disturbato è garanzia di presenza di trote. Per parlare del lancio che si dovrà effettuare arrivati sul posto, si sarà obbligati assolutamente a seguire delle regole fondamentali. Ma a quale distanza dalla trota si deve arrivare per avere un giusto rapporto ? L’ideale è la distanza minore poiché da troppo lontano il problema dragaggio diventa difficile da sconfiggere. Come si diceva poc’anzi una discreta tecnica darà al pescatore un margine di successo che altri non possono avere. Comunque cerchiamo di limitare al minimo indispensabile il numero dei falsi lanci. L’andirivieni della coda di topo in aria non è certo il massimo e quest’ultima dovrebbe essere manovrata il più orizzontale possibile. Infine il raggiungimento dell’obbiettivo con la mosca se effettuato con uno shooting la dove è possibile, darà un margine di sicurezza maggiore, mentre la canna in tutti i casi, dovrà essere tenuta bassa e quindi fuori da qualsiasi portata visiva della trota. Ma qualcuno potrà domandarsi se non sarebbe meglio raggiungere l’obiettivo da una distanza per cosi dire di sicurezza, insomma una distanza maggiore che garantisca copertura al pescatore e nello stesso momento non influisca molto sulle problematiche relative ai dragaggi sia della mosca che del finale. Analizziamo la cosa. Poc’anzi si diceva che la distanza migliore è in effetti quella minore dando per scontato che si siano seguite tutte le precauzioni del caso, ma di contro se si sono eliminate le problematiche relative all’aspetto visivo-acustico, rimane quello non meno importante legato alla possibilità negativa che la trota, come abbiamo visto, possa scorgere la canna o la coda. Secondo me un giusto compromesso che dia un margine di successo molto alto è quello di ‘sfruttarè a nostro favore la dove è possibile, quello che il torrente offre. Partiamo dal principio che il dragaggio sia della mosca che del finale, fenomeno che in torrente è praticamente presente in ogni palmo di superficie dell’acqua a causa delle mille e mille tensioni superficiali, è in rapporto molto stretto con la quantità di coda depositata in acqua. In parole più esemplificative più coda è distesa sull’acqua e maggiori saranno le possibilità che il dragaggio si manifesti immediatamente. Partendo da questa tesi indiscutibile, la distanza assume inevitabilmente un’importanza estrema dando per scontato che altro sistema non esiste che affrontare il torrente da distanze molto ridotte. Ma se si potesse, come detto prima, sfruttare al meglio quel che offre il torrente, allora la distanza potrebbe anche aumentare. Se ad esempio in tutte quelle situazioni in cui questo è possibile si potessero utilizzare tutte quelle pietre affioranti per depositarvi su una buona porzione di coda, ecco li che una distanza che a priori doveva necessariamente essere molto ridotta può aumentare di molto, in relazione alle sempre modeste distanze che un ambiente come il torrente può offrire, dando, in questo modo, in pasto al dragaggio una minima quantità di coda depositata sull’acqua. Anche tronchi abbattuti o piccole spiagge possono fare da ‘appoggiò e quindi ‘accorciarè la quantità di coda da depositare sull’acqua. è chiaro che inevitabilmente chi ha un buon controllo dell’attrezzatura avrà molti più vantaggi e molte più possibilità. Quindi l’avvicinamento e l’attacco sono proprio come una partita a scacchi dove tutto deve a priori essere studiato ed quindi preventivato. In fondo la trota essendo un animale che vive in funzione di certi ritmi e abitudini molto semplici se vogliamo, non porta l’orologio, non ha appuntamenti o meglio non sa che deve evitare uno scacco matto. Con questo voglio dire che come in tutte le cose la fretta in torrente è la peggiore nemica che un pescatore può avere.

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LA BUCA
Esiste una parte del torrente che possiede una sua vita a se e che ha nei confronti della trota un peso psicologico particolare: la buca. Se in altri punti del torrente il salmonide gravita in una porzione di fiume limitata a causa dello spazio a sua disposizione non certo vasto e che inevitabilmente incide molto sul suo carattere e che come abbiamo visto la obbliga assolutamente a stare sempre sul chi vive e arrangiarsi in funzione dello spazio in cui può muoversi, nella buca, in generale, può trovare un habitat molto diverso e può essere una delle zone del torrente o forse l’unica che le dia tranquillità e sicurezza. La buca diventa inevitabilmente fonte obbligata di cibo, riparo sicuro, ed essendo anche zona più ampia, sarà sicuramente più idonea ad ospitare un salmonide che può così avere molta più libertà di movimento. è chiaro che non tutte le buche hanno le stesse caratteristiche, non ne troveremo mai due uguali, e quindi c’e da considerare ogni buca un ambiente a se stante, al massimo potremmo raggrupparle in varie tipologie diverse. Da quanto premesso non bisogna pensare che attaccare una buca e quindi avvicinarla sia meno complicato di altre zone del fiume poiché si commetterebbe un grosso errore. Primo perché pensando questo la si avvicinerebbe con meno cautela, secondo perché se in altre zone del fiume la trota possiede un cono visivo più limitato e quindi ci può scorgere solo a certe distanze, nella buca il discorso diventa praticamente l’opposto, e quindi potremmo calcolare male il nostro avvicinamento e renderlo magari inutile. Quindi avvicinare una buca potrebbe avere qualche difficoltà in più rispetto alle altre zone del torrente. La verità di quanto poc’anzi esposto, e ci obbliga ad una conoscenza della buca in particolare nel modo in cui questa viene ‘animata’. In altre parole essendo la buca un ambiente in cui per tutta una serie di motivi si vengono a creare delle situazioni diverse, come correnti portatrici di cibo, nascondigli, ecc., la trota che vi abita sarà a sua volta influenzata da questi fattori, cioè è integrata alla ‘vita’ della buca. Quindi avvicinare bene una buca, non significa solamente nascondersi e basta senza conoscere a priori cosa abbiamo di fronte, ma già dalla sua superficie liquida si dovrebbe essere in grado di stabilire le posizioni in cui la trota staziona. In linea di massima per avere un quadro definitivo sulla struttura di una buca e di conseguenza di come la trota che vi abita la vive, è indispensabile fare delle elementari considerazioni. Primo vanno suddivise le varie tipologie di buche in relazione agli elementi a nostra disposizione, primi fra tutte le varie correnti superficiali. è chiaro che le innumerevoli correnti che una buca possiede potrebbero fare da specchietto ed essere di un aiuto straordinario, e fare per cosi dire, da radiografia della buca. Perché è importante individuare le varie correnti in particolar modo le più importanti ? Perché queste sono le sicure portatrici di cibo e quindi matrici inequivocabili di cui la trota si serve e di conseguenza probabilissime scie in cui la trota si inserisce. Un occhio esperto saprà distinguere le correnti principali, quelle cioè che sono fonte sicura di cibo, e quelle chiamiamole secondarie che sono tutt’altro che tali, nel senso che la trota aspetta molto più spesso di quanto si pensi e cioè nei momenti in cui non c’è schiusa, il cibo che può arrivare da altre fonti come insetti, bruchi, ecc. che accidentalmente cadono in acqua e potrebbero seguire appunto una corrente secondaria. Quindi partendo da questi presupposti è fondamentale fare a priori un attento studio delle superfici liquide per tracciare una sorta di ‘mappa’ in cui si evidenziano le probabili zone di caccia della trota. Da questo ne scaturisce che il nostro avvicinamento diverrà consequenziale. Buca a parte, quante volte vi è capitato di trovarvi all’improvviso tra i piedi una trota che non vi aveva visto e della quale anche voi non avvertivate la presenza ? Segno inequivocabile che il salmonide può stazionare nelle zone più disparate alle quali non dareste la minima fiducia. Non è importante possedere un ottimo lancio o delle buone mosche e un’attrezzatura di ottima qualità se non si è a conoscenza delle regole del torrente e l’avvicinamento è forse quella sulla quale si costruisce la nostra esperienza.